Dietetica

La Dieta dei Sapori

Basta cercare su internet informazioni sulla dieta più corretta da seguire per trovare scuole di pensiero antitetiche che si contrappongono con forza: ci sono quelle che ce l’hanno a morte con i carboidrati e non permettono di mangiare nulla che assomigli a un cereale, quelle che demonizzano le proteine e vietano nella maniera più assoluta di consumare prodotti di origine animale e poi c’è chi, invece, esige di rinunciare a qualunque tipo di grasso. Come se non bastasse, negli ultimi anni vanno sempre più di moda diete con il dichiarato intento di indurre una situazione di squilibrio nell’organismo in cambio di una rapida perdita di peso, ma che quasi mai si preoccupano di come sia poi possibile mantenere i risultati. La soluzione, probabilmente, sta altrove, e per mantenere o riconquistare la salute (e la propria forma fisica) è necessario intervenire a tutto tondo sullo stile di vita di una persona, e impostare una dieta personalizzata che possa essere mantenuta a lungo senza dimenticarsi dell’importanza del movimento e dell’attività fisica.

Perché una Dieta dei Sapori?

Sapore, odore e aspetto sono sempre state le caratteristiche che hanno guidato i nostri progenitori nel decidere se un alimento fosse utilizzabile come cibo. La scienza dietetica moderna, invece, per valutare l’effetto di ogni alimento si basa su analisi biochimiche, delegando lo studio dei sapori all’industria alimentare e alla ricerca culinaria. C’è effettivamente una differenza sottile ma netta tra alimentazione e nutrizione: nel primo caso il focus è incentrato sull’alimento e sulle sue caratteristiche intrinseche, mentre la nutrizione è la scienza che si occupa di come queste caratteristiche possano influenzare la salute. Paradossalmente, più ancora dei nutrizionisti, sono chimici e agronomi, intenti a studiare come preservare l’aroma di una determinata materia prima, a interessarsi maggiormente dei sapori. La nutrigenomica, in particolare, studia come la dieta possa determinare un’espressione genetica diversa analizzando le interazioni tra cibo e organismo, spingendosi ben oltre la semplice composizione nutrizionale di un alimento. Lo stesso facevano i Cinesi più di duemila anni fa, studiando l’effetto energetico dei sapori. È interessante notare come la dietetica tradizionale cinese, per valutare la qualità relativa e assoluta di un alimento, faccia riferimento a un concetto molto particolare che può essere riassunto con la parola Zong. Questo termine indica la storia di un luogo, di un popolo e di una famiglia. Tutti ricordano le tradizioni famigliari e il gusto dei cibi cucinati dalla madre la domenica o nelle occasioni di festa. Zong fa riferimento a questa memoria: le abitudini alimentari con cui cresciamo risuoneranno positivamente per sempre nella nostra vita e una pietanza che ne rispecchi il ricordo avrà un effetto altrettanto positivo

Il termine Zong va pensato anche in un’ottica più ampia, che comprende la storia e la tradizione di un determinato luogo: la cucina europea e la cucina orientale sono molto diverse, per esempio, così come non si mangia allo stesso modo in riva al mare o in montagna. La tradizione culinaria di un luogo ne rispetta il clima, le disponibilità alimentari e le tradizioni culturali, unendo questi aspetti in maniera indissolubile. Oltre a rimandare al rispetto della tradizione, questa regola fondamentale della dietetica cinese si traduce nel concetto, oggi sempre più importante, di un’alimentazione a chilometro zero: consumare cibi prodotti nella zona geografica in cui ci troviamo riduce enormemente l’impatto ambientale dell’importazione forzata di alimenti dall’altra parte del mondo.

Se questo non bastasse, negli ultimi anni il conto delle kcal, che ha retto il concetto stesso di dieta fino a qualche anno fa, ha perso molta importanza, lasciando spazio alla comprensione che ha molto più valore come si mangia piuttosto che quanto si mangia. La corretta distribuzione dei pasti nella giornata, a favore di una prima colazione abbondante, l’abbinamento a tutti i pasti di carboidrati, proteine, frutta e verdura, l’utilizzo escluso di cereali integrali, l’attenzione alla qualità dei cibi e l’idea di attività fisica come parte integrante della quotidianità sono diventati pilastri fondamentali per chi vuole restare in forma e in salute.

Cambiano anche le conoscenze su come funziona il corpo umano. Se fino a quarant’anni fa il tessuto adiposo era considerato esclusivamente un tessuto di deposito, progressivamente si è arrivati a considerarlo prima un tessuto endocrino – si pensi ad esempio al suo ruolo nella policistosi ovarica – e poi, più recentemente, come un tessuto infiammatorio. Molecole come la leptina, l’adiponectina, la resistina e più in generale le adipochine sono molecole di segnale con azioni sia sul versante immunitario che su quello metabolico.

Così come è cambiata la concezione di tessuto adiposo è cambiato anche il ruolo di una corretta impostazione nutrizionale. Quanto è importante una dieta personalizzata in patologie come il colon irritabile o la tiroidite di Hashimoto? E in caso di artrite reumatoide quanto conta mangiare correttamente? E se si parla di fibromialgia? Della ricerca di una gravidanza? Di osteoporosi? E se parlassimo di un tumore? Una maggiore attenzione a come si mangia e più in generale al proprio stile di vita riveste grande importanza in ognuno di questi ambiti e può fare effettivamente la differenza, mettendo l’organismo nelle condizioni di funzionare correttamente.

Dr. Gabriele Piuri

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