Identificazione dei pattern in Medicina Tradizionale Cinese

a cura di Silvia Deandrea


Care lettrici e cari lettori,

questo mese presenteremo il primo di una serie di lavori pubblicati dal Pattern Identification Network Group (iPING), di cui fanno parte ricercatori e clinici provenienti da diverse aree delle medicine asiatiche tradizionali orientali, tra cui la medicina cinese.

Il gruppo è attivo dal 2014 e si pone l’obiettivo di descrivere e sintetizzare le conoscenze attuali sull’identificazione dei pattern (pattern identification) per indirizzare l’insegnamento, la pratica clinica e la ricerca sull’argomento.

Questo primo articolo, di tipo narrativo, introduce i temi principali del discorso, che saranno poi ulteriormente approfonditi dal gruppo in pubblicazioni successive.

Secondo gli autori, la formulazione di una diagnosi che sia descrittiva dei sintomi o di un cluster di sintomi, e che sia associata ad un trattamento, è una procedura descritta in diversi testi antichi e moderni di agopuntura; i pattern possono basarsi su fonti empiriche, come l’osservazione clinica, oppure essere influenzati da un quadro teorico sottostante: questi due aspetti sono spesso coesistenti e variamente osservabili a seconda dell’autore e dell’epoca. Un esempio familiare alla comunità degli agopuntori italiani è l’inquadramento del paziente secondo le sindromi. Tuttavia, la diagnosi basata sull’identificazione dei pattern (bian zheng) è stata chiaramente formalizzata solo dopo il 1950 in Cina, probabilmente in risposta ad una varietà di nuovi stimoli e influenze culturali, tra cui le teorie della moderna biomedicina.

Ad oggi, l’identificazione dei pattern si potrebbe definire come il processo in cui la teoria, l’osservazione e l’esperienza si combinano in un processo decisionale che organizza le informazioni in pattern diagnostici clinicamente riconoscibili.

Lo scopo dell’identificazione dei pattern, quindi, è principalmente formulare una diagnosi, ma che sia sufficientemente informativa per guidare la scelta del trattamento, per formulare una prognosi e per valutare nel tempo la risposta al trattamento stesso. Ad esempio, l’identificazione di un quadro di stasi di sangue (pattern) permette sia di impostare una terapia agopunturistica e/o fitoterapica, sia di ipotizzare una prognosi in base all’evoluzione più frequente di questo tipo di quadro, sia di valutare l’efficacia della terapia attraverso la rilevazione e la comparazione quantitativa dei segni e sintomi caratteristici nelle settimane e nei mesi successivi al trattamento.

A seconda delle diverse scuole di medicina orientale, che utilizzano variamente questo metodo secondo gli specifici approcci di ciascuna, l’identificazione dei pattern può dare un peso più o meno grande ai sintomi presentati dal paziente. Se nell’identificazione dei pattern basata sui sintomi si attribuisce al pattern la capacità di spiegare il sintomo stesso, sulla scorta di un’interpretazione teorica della fisiopatologia, è anche possibile arrivare a identificare un pattern organizzando i segni riscontrati senza tenere in particolare conto i sintomi. In medicina cinese spesso entrambi questi approcci sono presenti e si tende a farne una sintesi nella cosiddetta “differenziazione delle sindromi”, vale a dire il processo attraverso cui il medico seleziona il sintomo principale riferito dal paziente e sceglie quale trattare tra i pattern che si ritiene possano determinare il sintomo ripotato.

A questo punto, gli autori si pongono due difficili quesiti filosofici: i pattern sono collegati al sintomo con un rapporto causale? I pattern “esistono” come elementi concreti di realtà?

Per la prima domanda, ancora non c’è una risposta: secondo gli autori, le teorie sulle “cause” delle malattie nelle medicine orientali non sono ancora sufficientemente basate sulle evidenze per potere fare affermazioni in questo senso. Anzi, abbiamo ancora bisogno di sviluppare ipotesi e metodi che permettano di testare sperimentalmente affermazioni di causalità tra il pattern e il quadro clinico. Rispetto all’esistenza dei pattern, invece, gli autori propongono di interpretare la relazione tra diagnosi occidentale e diagnosi orientale come quella tra hardware e software: se la diagnosi occidentale si muove sul piano ontologico delle strutture, l’hardware, la diagnosi orientale si concentra sui processi, il software, le cui leggi si applicano ai fenomeni emergenti.

Gli autori concludono le loro riflessioni con alcune indicazioni per il futuro. Innanzitutto, la recente inclusione di alcuni pattern nell’ICD-11 richiede una base oggettiva, riproducibile e standardizzabile per la sua identificazione nei pazienti – questo dal punto di vista dell’”hardware”. Inoltre, gli studi clinici che utilizzano e utilizzeranno l’identificazione dei pattern dovranno essere espliciti e trasparenti nel descrivere e riportare quanto viene rilevato nei pazienti e come questo si traduce in una decisione dal punto di vista della scelta nel trattamento.

Ottenere criteri di validità e riproducibilità dell’identificazione dei pattern faciliterà il loro insegnamento nelle scuole di agopuntura e il loro utilizzo nella pratica clinica per ottenere il maggior beneficio per i pazienti.

Bibliografia

Birch S, Alraek T, Bovey M, et al. Overview on pattern identification – History, nature and strategies for treating patients: a narrative review. Eur J Int Med 2020; 35: 1001101.

Scheid V. Chinese medicine in contemporary China: plurality and synthesis. Duke University press, 2002.

Manaka Y, Birch S, Itaya K., Chasing the Dragon ’s Tail: The Theory and Practice of Acupuncture in the Work of Yoshio Manaka, Paradigm Publications, 1995.